Il film ha come personaggio centrale uno psicoanalista problematico e in crisi esistenziale. Tra i suoi pazienti incontra personaggi sposati, relazioni extra-coniugali, problematiche di relazione con gli altri e con se stessi. In questo film, che è il secondo della trilogia, il tema dell’amore è analizzato soprattutto nelle sue componenti di auto-referenzialità narcisistica, di slancio emotivo insopprimibile, di riscoperta di se stessi nella perenne lotta per se stessi. In queste tematiche, probabilmente, qualsiasi spettatore potrà riscoprire una parte del proprio vissuto. Nell’intrecciarsi delle vicende personali dei diversi personaggi viene a porsi in luce il dramma esistenziale dello stesso psicoanalista che, già disilluso, subisce anche la morte tragica della ex-moglie. È a questo punto che, dismettendo i panni deontologici della professione, si confessa ai pazienti stessi, creando infine un’empatia che va oltre ogni meccanicistica analisi della Mente. Il film si conclude allora con una nota di speranza: che l’emozione d’amore – pur fondata su un inevitabile accentramento egoistico, e sull’auto-esclusione sociale nel concetto di una coppia ripiegata sopra se stessa - sia in sé impulso tanto inalienabile quanto meraviglioso, perché è forse l’unica vera forza che ci spinge a continuare nella ricerca di una sensatezza del nostro stesso vivere.